Un’altra
mobilità si è conclusa, quella che ha avuto luogo a Kalamata, in Grecia, dal 28
Ottobre al 3 Novembre. Sette giorni in un’atmosfera calda (in ogni senso!) e
accogliente durante i quali ho seguito un corso strutturato - organizzato dalla
‘Aradne Lifelong Learning Centre’- incentrato sulla ‘diversità culturale in
classi plurilingue’. Insieme a me, tre colleghe tedesche, due provenienti dalla
Romania, e ancora due dalla Slovacchia. Diversi i contesti di insegnamento, per
età e bisogni educativi dei nostri studenti, ma eguale l’obiettivo: trovare
nuovi spunti, fornirsi di ulteriori strumenti per affrontare in maniera più
adeguata lo scenario sempre più comune nelle classi europee, composte da
ragazzi con diversi patrimoni linguistici e culturali.
La mobilità
mi ha consentito di avere uno sguardo nuovo, o comunque più attento, sulla
problematica della diversità culturale e del non avere un comune strumento
linguistico (o non adeguato) di comunicazione all’interno di un gruppo di
apprendimento. Quello che era il nucleo tematico del corso, si è presto mutato
in realtà: la partecipazione di alcuni docenti con competenze minime o nulle
nella lingua di comunicazione (l’inglese) e portatori di esperienze -
didattiche e personali - del tutto diverse da quelle del resto degli altri
partecipanti, ci ha dato modo di osservare e comprendere ancor di più quale sia
la difficoltà in cui un gruppo nel quale si innestano nuovi e ‘diversi’
elementi possa trovarsi.
Inizialmente
la non conoscenza, il non comprendersi, il dover ‘perdere tempo’ ad aspettare
l’altro, può creare una situazione di apparente disturbo da entrambe le parti.
Chi non riesce a ‘capire’ si spazientisce, ma nel contempo anche chi non trova
ancora la via giusta per ‘comunicare’ e interagire con gli altri rischia di
‘rinunciare’, di chiudersi o anche di manifestare insofferenza.
L’osservazione di queste dinamiche (non solo attraverso esempi tratti
dalla realtà ‘esterna’, tramite video, esperienze, materiali mutuati da altri
contesti, ma anche all’interno del gruppo stesso) ha dato il via a delle
riflessioni su ’come ci si sente’, ma anche su ‘cosa sarebbe meglio fare’ per trasformare
il disagio in arricchimento per ciascun componente del gruppo (di discenti,
operatori, etc.).
Se pure non
tutti i momenti ‘didattici’ sono stati ben calibrati, ciascuno dei corsisti ha
cercato e saputo implementare e migliorare le proprie ‘soft skills’,
contribuendo a superare alcune criticità e – mettendosi in gioco – a trovare
possibili soluzioni e suggerire approcci o attività che potranno poi essere
implementati nelle nostre classi.
Di supporto
sono stati strumenti e suggerimenti didattici forniti dalle docenti del corso,
e messi in atto attraverso attività che hanno coinvolto noi docenti. Tra
questi, in particolare, Compass e (per gli alunni più piccoli) Compasito, i
Manuali per l’educazione ai Diritti Umani pubblicati dalla Comunità Europea, con
le innumerevoli opportunità che questo manuale può dare nel campo educativo.
Altri input e
materiali suggeriti e condivisi sono sembrati facilmente spendibili nei
contesti di provenienza di noi corsisti. Nel mio caso specifico, ho trovato
alcune attività interessanti da poter sviluppare all’interno delle classi e
della scuola. Se pure difatti il nostro Liceo non fa riscontrare ancora
situazioni serie di studenti ‘catapultati’ nelle nostre classi in seguito ad
esperienze drammatiche o comunque non ‘scelte’ da loro (non abbiamo in realtà
rifugiati o migranti da accogliere), si rende necessario ‘prepararci’ ad
acquisire strumenti adeguati a questi nuovi scenari. Nuove competenze
interculturali sono del resto necessarie per includere al meglio anche studenti
che, in mobilità individuale più o meno breve. vengono ospitati nel nostro
istituto provenendo da scuole estere. Come docente di inglese, inoltre,
ritenendo che l’insegnamento della lingua supporti al massimo l’acquisizione o
il potenziamento di ‘cross-curricular skills’ e che, ancor più che in altri
ambiti, l’apprendimento di una lingua straniera possa far riflettere su/
comprendere/guardare da altra prospettiva a mondi culturali diversi dai propri,
ho individuato alcune attività interessanti. Tali attività (da condividere con
l’intero Dipartimento di Lingue ma anche con quelli che si occupano di
‘humanities’) potranno contribuire alla crescita dei nostri studenti come
‘cittadini’ più consapevoli e, si auspica, pronti a guardare all’altro in
termini di inclusione e non di esclusione.
Durante la
mobilità sono state svolte attività ‘sociali’ che hanno incluso visite guidate
presso luoghi di interesse culturale e storico, in città e nei dintorni. Anche
queste hanno tuttavia avuto un taglio ‘didattico’ e, oltre ad ampliare le mie
conoscenze sulla storia e la cultura di Kalamata, della regione di Messinia e
della Grecia tutta, mi hanno fornito degli input da sviluppare sia nella
didattica della lingua sia in vista di future attività progettuali (in
particolare Scambi, progettazione eTwinning e Mobilità studentesche, anche
all’interno di Erasmus+).
Grazia Di Maria
Nessun commento:
Posta un commento