giovedì 22 novembre 2018

DEALING WITH CULTURAL DIVERSITY IN CLASS


Un’altra mobilità si è conclusa, quella che ha avuto luogo a Kalamata, in Grecia, dal 28 Ottobre al 3 Novembre. Sette giorni in un’atmosfera calda (in ogni senso!) e accogliente durante i quali ho seguito un corso strutturato - organizzato dalla ‘Aradne Lifelong Learning Centre’- incentrato sulla ‘diversità culturale in classi plurilingue’. Insieme a me, tre colleghe tedesche, due provenienti dalla Romania, e ancora due dalla Slovacchia. Diversi i contesti di insegnamento, per età e bisogni educativi dei nostri studenti, ma eguale l’obiettivo: trovare nuovi spunti, fornirsi di ulteriori strumenti per affrontare in maniera più adeguata lo scenario sempre più comune nelle classi europee, composte da ragazzi con diversi patrimoni linguistici e culturali.
La mobilità mi ha consentito di avere uno sguardo nuovo, o comunque più attento, sulla problematica della diversità culturale e del non avere un comune strumento linguistico (o non adeguato) di comunicazione all’interno di un gruppo di apprendimento. Quello che era il nucleo tematico del corso, si è presto mutato in realtà: la partecipazione di alcuni docenti con competenze minime o nulle nella lingua di comunicazione (l’inglese) e portatori di esperienze - didattiche e personali - del tutto diverse da quelle del resto degli altri partecipanti, ci ha dato modo di osservare e comprendere ancor di più quale sia la difficoltà in cui un gruppo nel quale si innestano nuovi e ‘diversi’ elementi possa trovarsi.
Inizialmente la non conoscenza, il non comprendersi, il dover ‘perdere tempo’ ad aspettare l’altro, può creare una situazione di apparente disturbo da entrambe le parti. Chi non riesce a ‘capire’ si spazientisce, ma nel contempo anche chi non trova ancora la via giusta per ‘comunicare’ e interagire con gli altri rischia di ‘rinunciare’, di chiudersi o anche di manifestare insofferenza.  L’osservazione di queste dinamiche (non solo attraverso esempi tratti dalla realtà ‘esterna’, tramite video, esperienze, materiali mutuati da altri contesti, ma anche all’interno del gruppo stesso) ha dato il via a delle riflessioni su ’come ci si sente’, ma anche su ‘cosa sarebbe meglio fare’ per trasformare il disagio in arricchimento per ciascun componente del gruppo (di discenti, operatori, etc.).
Se pure non tutti i momenti ‘didattici’ sono stati ben calibrati, ciascuno dei corsisti ha cercato e saputo implementare e migliorare le proprie ‘soft skills’, contribuendo a superare alcune criticità e – mettendosi in gioco – a trovare possibili soluzioni e suggerire approcci o attività che potranno poi essere implementati nelle nostre classi.
Di supporto sono stati strumenti e suggerimenti didattici forniti dalle docenti del corso, e messi in atto attraverso attività che hanno coinvolto noi docenti. Tra questi, in particolare, Compass e (per gli alunni più piccoli) Compasito, i Manuali per l’educazione ai Diritti Umani pubblicati dalla Comunità Europea, con le innumerevoli opportunità che questo manuale può dare nel campo educativo.
Altri input e materiali suggeriti e condivisi sono sembrati facilmente spendibili nei contesti di provenienza di noi corsisti. Nel mio caso specifico, ho trovato alcune attività interessanti da poter sviluppare all’interno delle classi e della scuola. Se pure difatti il nostro Liceo non fa riscontrare ancora situazioni serie di studenti ‘catapultati’ nelle nostre classi in seguito ad esperienze drammatiche o comunque non ‘scelte’ da loro (non abbiamo in realtà rifugiati o migranti da accogliere), si rende necessario ‘prepararci’ ad acquisire strumenti adeguati a questi nuovi scenari. Nuove competenze interculturali sono del resto necessarie per includere al meglio anche studenti che, in mobilità individuale più o meno breve. vengono ospitati nel nostro istituto provenendo da scuole estere. Come docente di inglese, inoltre, ritenendo che l’insegnamento della lingua supporti al massimo l’acquisizione o il potenziamento di ‘cross-curricular skills’ e che, ancor più che in altri ambiti, l’apprendimento di una lingua straniera possa far riflettere su/ comprendere/guardare da altra prospettiva a mondi culturali diversi dai propri, ho individuato alcune attività interessanti. Tali attività (da condividere con l’intero Dipartimento di Lingue ma anche con quelli che si occupano di ‘humanities’) potranno contribuire alla crescita dei nostri studenti come ‘cittadini’ più consapevoli e, si auspica, pronti a guardare all’altro in termini di inclusione e non di esclusione.
Durante la mobilità sono state svolte attività ‘sociali’ che hanno incluso visite guidate presso luoghi di interesse culturale e storico, in città e nei dintorni. Anche queste hanno tuttavia avuto un taglio ‘didattico’ e, oltre ad ampliare le mie conoscenze sulla storia e la cultura di Kalamata, della regione di Messinia e della Grecia tutta, mi hanno fornito degli input da sviluppare sia nella didattica della lingua sia in vista di future attività progettuali (in particolare Scambi, progettazione eTwinning e Mobilità studentesche, anche all’interno di Erasmus+).

Grazia Di Maria

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